I maiali di Rocciapovera

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(seconda parte, qui puoi leggere la puntata precedente)

– Ti ringrazio – disse Tommaso alla sua salvatrice, che adesso lo fissava con occhi pieni di curiosità.
– Che fai? – chiese lei.
– Oh, facevo qualche foto, il tuo paese è molto… bello, sì, suggestivo.
– Aspetta – disse lei, facendogli segno con la mano di attendere. Tommaso non poté fare a meno di notare che aveva usato lo stesso tono con cui pochi istanti prima aveva fatto sloggiare il cane.
La ragazza scese in strada dopo aver aperto un portoncino cigolante, si avvicinò al ragazzo continuando a guardarlo dritto negli occhi.

– Io sono Candida – disse.
– Piacere, Tommaso – rispose lui, con un sorriso non ricambiato.
– E quindi sei un fotografo…
– No, non esattamente. La fotografia è solo un hobby. In realtà sono un architetto.
– Un architetto, nientemeno. Però sei giovane assai.
– Be’ sì, mi sono laureato l’anno scorso. Sono alle prime armi, lavoro nello studio di mio padre. È architetto anche lui – disse Tommaso.
– Mio padre invece è un castraporci. Lo sai cos’è che fa?
– Posso immaginarlo.

Quella tipa non doveva avere più di vent’anni, ma in qualche modo gli metteva soggezione. Aveva occhi grigi e vivaci che non si staccavano un attimo dai suoi. Se quello fosse stato un film di fantascienza, avrebbe detto di trovarsi di fronte ad un androide intento a scannerizzare la sua mente mentre continuava a fissarlo con tale insistenza.
– Grazie, per prima, comunque. Quel cane mi aveva preso di mira – aggiunse.
– Ciccio è buono. È solo che i forestieri non gli stanno simpatici.
– Un vero rocciaporese… – farfugliò Tommaso.
– Come?
– No, dicevo, è un vero piacere… parlare con te.
– Veramente?
– Sì, sì, certo. Sei molto simpatica, anche perché sei così disponibile.

Il volto di Candida per la prima volta si accese di un sorriso. Ed era un bel sorriso, dovette ammettere Tommaso in cuor suo.
– Ho visto che ti ha obbedito subito – riprese lui. – È tuo?
– Ciccio è di tutti. – rispose Candida, un po’ ambiguamente.
– Mi piacerebbe andare sulla torre, quella al centro del paese – cambiò discorsoTommaso. – Mi ci accompagneresti?
Non sapeva neanche lui perché lo aveva detto, forse perché gli era sembrato che lei non aspettasse altro e non se l’era sentita di deluderla.
– Da lì si vede bene il panorama.
– Ottimo.
Candida traccheggiò, dando a vedere di essere incerta sul da farsi. Alla fine disse:
– Va bene, dai, ti accompagno.
– Sicuro che non sia un problema?
Lei si limitò a sorridere.

I due si incamminarono. Tommaso continuava a guardarsi intorno e a cogliere con la fotocamera ogni spunto interessante, Candida pareva divertita dal suo modo di fare un po’ impacciato e allo stesso tempo determinato. Notò la buona fattura dei suoi jeans edelle sue scarpe, l’eleganza discreta della sua camicia; trovò estremamente gradevole la fragranza del suo deodorante, che riusciva a cogliere ogniqualvolta i loro corpi si avvicinavano arrivando quasi a contatto.
Quando furono in cima alla torre, lei disse – Ma a me una fotografia non me la fai?
Tommaso, che stava guardando in direzione di San Leandro per vedere se riusciva a scorgere la casa dei nonni, si girò lentamente verso la ragazza con gli occhi ancora socchiusi per lo sforzo di mettere a fuoco in lontananza, il ché conferì al suo sguardo una certa profondità da bel tenebroso, suscitando in Candida un’onda di piacevole irrequietezza che dal basso ventre le si irradiò fino al volto, facendolo avvampare.

– Ma certo. Hai un viso così dolce e fresco, sarà un piacere.
Candida abbassò lo sguardo come imbarazzata, ma si sciolse di nuovo in un sorriso compiaciuto. Lui le tirò su il mento con delicatezza, disse – Non essere timida – e a quel punto a lei sembrò che il sole avesse cominciato a roteare miracolosamente nel cielo, come in un’apparizione mistica.
– Aspetta, diamo prima un’aggiustatina ai capelli – disse Tommaso, passandoleuna mano sulla chioma folta, scompigliata dal vento.
Al contatto di quella mano che le accarezzava la testa, Candida socchiuse gli occhi, come se si aspettasse di ricevere un bacio. Invece Tommaso si staccò da lei di alcuni passi, disse:

– Ecco, mantieni questa espressione – e cominciò a scattare.
Candida cambiò mimica e postura seguendo diligentemente le indicazioni diTommaso. Era una cosa per lei del tutto nuova e la divertì un mondo.
– Come sono venute? – chiese infine, tutta trepidante.

Tommaso le si accostò e presero a passare in rassegna gli scatti appena realizzati sul display della fotocamera.
– Oddio, ma qua sono proprio brutta! Ma che veramente sono così brutta?
– Ma no, sciocchina. Sei molto naif, e a me piaci proprio così come sei.
– Veramente dici? Veramente ti piaccio come sono?
– Certo, hai un viso, come dire?, di altri tempi. E guarda questa: qui hai un atteggiamento sbarazzino che è così involontariamente seducente…
Andarono avanti a lungo, Tommaso a decantare le doti estetiche di Candida e quest’ultima a fingere di sminuirsi per il gusto di sentirsi smentire da lui.
– Sai, a Roma ci sono fior di fotografi specializzati in ritratti, o in foto di nudo o di moda, che farebbero carte false per avere una modella come te, con la tua bellezza non convenzionale. Dovresti pensarci, magari ti lascio il mio numero di telefono e se dovesse interessarti potresti contattarmi e …
– Mado’, davvero ti posso chiamare ?
– Sì, sì certo. Tu sei stata così gentile con me e se potessi ricambiare in qualche modo ne sarei felice.
– Addirittura felice? – si stupì la ragazza.
Le sembrava di stare a sognare ad occhi aperti. Forse era vero che i desideri potevano avverarsi, anche quelli più arditi, se ci si credeva fino in fondo, se non si smetteva di sperare e si era capaci di riconoscere l’occasione giusta quando questa finalmente si presentava. A lei non interessava per nulla di venire a Roma a fare altre fotografie, le interessava solo Tommaso, questo Principe Azzurro che era arrivato a cavallo del suo moderno destriero fin lassù, nel suo paesino sperduto tra le montagne, a cercare proprio lei, a snidarla tra le mura di pietra della sua casa, tra le giornate monotone e scontate che avevano scandito fin lì la sua vita.
– Ma anche qui ci sono queste vampire? – si lamentò improvvisamente Tommaso, mentre si dava una manata sul braccio nel vano tentativo di liberarsi di una zanzara che aveva preso a tormentarlo.
Candida rise di gusto – Sei peggio di mia madre, piaci troppo alle zanzare.
– È che ho il sangue dolce, evidentemente.
– Mado’, quanto sei divertente, lo stesso che dice mia madre, uguale uguale! – continuò a sghignazzare lei.
Intanto che ridiscendevano la lunga scalinata della torre, Candida pronunciò, con la sua vocina sottile, la domanda che più le premeva in quel momento

– Ma tu che intenzioni hai nella vita? Vuoi sposarti? Vuoi mettere su famiglia?
Già si vedeva in abito bianco entrare sottobraccio a suo padre in una delle più belle chiese di Roma, mentre il suo Principe Azzurro, in tight e con tanto di garofano bianco all’occhiello, la aspettava davanti all’altare per farla sua per sempre.
Quel fotogramma sarebbe stato solo il primo di una lunghissima serie, avrebbe dato il via ad un film memorabile, imperdibile, dal titolo “Io e Tommaso, una vita insieme”. E loro due, naturalmente, ne sarebbero stati i protagonisti assoluti.
– Be’ direi proprio di sì, mi sposo a settembre.
– Come, ti sposi? E con chi?
– Con Micaela, la mia compagna. Non te ne avevo parlato? Abbiamo anche una bambina, Matilde, che adesso ha due anni. Il nostro piccolo tesoro.
In quel momento una nuvola passò davanti al sole, oscurandolo come in una parziale eclissi, mentre una folata di vento, molto più intensa e fredda del solito, quasi fece barcollare il ragazzo.
Candida, invece, si era bloccata sul penultimo scalino. Fissava Tommaso rossa in volto, furente.
– Ah, c’hai pure una figlia? Svergognato!
– Ma che… scusa, non capisco, perché ti sembra così strano?
Quella domanda rimase senza risposta. Candida cominciò ad urlare con quanto fiato aveva in gola (ed era tanto), agitandosi e dimenandosi sconclusionatamente come in preda a un raptus.
Maiale! Sei un maiale! Un maiale schifoso!
In pochi istanti le stradine di Rocciapovera, che fino a quel momento era sembrato un borgo disabitato, cominciarono a riempirsi di gente, allarmata dalle grida della ragazza.
Il primo ad accorrere fu un energumeno dalla faccia scura e butterata, una speciedi versione in carne e ossa di Pietro Gambadilegno.
– Questo maiale schifoso si voleva approfittare di me, mi ha molestato, mi ha pure messo le mani addosso!
L’energumeno abbracciò la ragazza, protettivo, senza smettere di fissareTommaso con uno sguardo carico di disprezzo.
Era Albino, il padre di Candida.
Il castraporci.
– No, no, scusate, qui c’è un grosso equivoco, io non ho fatto nulla di male, non so perché Candida abbia avuto questa reazione, ma…
– Tu non ti devi nemmeno permettere di pronunciare il nome di mia figlia, animale che non sei altro! Appena ho visto che Candida ti stava venendo appresso ho capito che andava a finire così – inveì Albino, col suo timbro da vecchio sassofono arrugginito, arrochito da trent’anni e passa di sigarette. E poi, rivolto alla piccola folla che si andava radunando intorno:

– Sono tutti uguali questi forestieri: porci buoni solo per ingrassare i nostri porci!
– Cazzo, lo volete capire che io non ho fatto niente? – si ribellò Tommaso, che ormai si vedeva accerchiato, senza vie di fuga.
– Ah, non hai fatto niente? Papà, prima mi ha detto che secondo lui sono simpatica perché sono disponibile. Capito? Una puttana, praticamente. Poi ha insistito a portarmi sulla torre per rimanere da solo con me e lì, con la scusa di fotografarmi, ha cominciato a mettermi le mani addosso, mi ha accarezzato il viso, mi ha messo una mano nei capelli, e senza chiedermi il permesso, come se fossi a sua disposizione. Chissà dove altro me le voleva mettere quelle sue mani zozze!
– Ma è pazzesco! Non ha senso, io vi giuro che…
– Zitto, zozzo zuzzuso! E sapete che altro mi ha detto? Che dovevo andare a Roma da certi amici suoi che mi avrebbero fotografato nuda. Depravato! Infame!
Un mormorio di sdegno si levò dalla folla, un donnetta dalla faccia smunta urlò – Schifoso, finirai nel trogolo come tutti gli altri! – e a quelle parole seguirono voci di approvazione pressoché unanimi.
Si rifece vivo perfino Ciccio, che si parò davanti a Tommaso col suo ghigno ferino, in attesa che qualcuno gli impartisse l’ordine di attaccare.
Tommaso, attonito, fu colto da un riso irrefrenabile, istericamente divertito da quella situazione assurda.
– Cazzo hai da ridere? – esclamò Albino. E rifilò al ragazzo un ceffone talmente violento che la fotocamera si sganciò dalla tracolla e ruzzolò a terra, rimbalzando ripetutamente sul selciato.
– No! La mia Nikon da duemila euro solo corpo! – frignò Tommaso, mentre si teneva la guancia attinta dalla sventola del castraporci.
– Ma che dice? Solo corpo? Tiene solo una cosa in testa ‘sto degenerato – borbottò Albino, e giù un manrovescio che mise il giovane architetto definitivamente al tappeto.
Steso a terra, intontito dalle botte ricevute, Tommaso vide una torva di scalmanati avventarsi su di lui. Ciccio lo azzannò a una spalla trascinandolo per alcuni metri, finché un ragazzo con la testa rasata non lo sottrasse dalle fauci del cagnaccio, ma solo per tirargli un calcio tra le gambe.
Lo sai perché i nostri maiali sono così buoni? – disse Albino, che gli si era fatto di nuovo sotto – Perché gli facciamo mangiare i forestieri come te. Porco mangia porco, a Rocciapovera.
– Dice che ha il sangue dolce, i nostri maialini ne andranno matti – intervenne Candida.
– Vi ricordate quello dell’anno scorso? Quel vecchio bavoso era rinsecchito, ma i porci di Mariagilda se lo sono sgranocchiato per bene… – disse un ragazzino dall’aria allampanata e un cappellino da baseball sulla testa.
Ci fu una risata generale che fece da contrappunto alle grida di dolore e alle invocazioni di aiuto di Tommaso, che si contorceva sull’asfalto arroventato.
– Dai, che stiamo aspettando? Portiamolo da me e scanniamolo – esclamò il ragazzo con la testa rasata.
– Aspetta, prima fammi fare il mio lavoro – lo interruppe Albino, e tirò fuori un coltellaccio la cui lama brillò in aria come un sigillo divino, ma di un Dio del male. – Levagli i pantaloni, che il boccone più ambito è per la mia scrofa che ha appena partorito.
Con la vista annebbiata dalle lacrime e dal dolore, il fiato corto di chi si sente vicino alla fine, Tommaso riuscì a dire soltanto – Fate presto… fatela finita .. non ne posso più.
E poi cadde giù dal letto.
Riaprì gli occhi ancora incredulo di dove si trovasse, ancora in sospeso tra la dimensione onirica, che stentava ad abbandonarlo, e quella reale.
Si guardò intorno, sudato e ansante. Il libro di Stephen King era volato insieme a lui sul pavimento, la borsa fotografica, invece, era sempre al suo posto, sulla sedia di fronte al letto. Fuori dalla finestra il cielo aveva cominciato ad arrossarsi e le ombre ad allungarsi.
– Tommaso, che succede? Tutto bene?
Era la nonna, che lo chiamava da dietro la porta, allarmata per il rumore del suo capitombolo.
Tommaso si rialzò cauto e andò ad aprire la porta, ansioso di rivedere finalmente una faccia non ostile.
– È tutto a posto, nonna. Mi sono appisolato e… ho fatto un brutto sogno.
– Ragazzo mio, non dovevi esagerare con quelle salsicce.
Al pensiero delle salsicce di Rocciapovera, Tommaso ebbe un conato di vomito che riuscì a reprimere a fatica.
– Lo vedi? – disse nonna Faustina. – Adesso ti preparo una bella camomilla e stasera solo un po’ di tè con i biscotti.
Tommaso annuì, ringraziò nonna Faustina e richiuse la porta.
Si affacciò alla finestra e guardò in direzione di Rocciapovera. Il paesino se ne stava adagiato sulla collina, come se lo ricordava. Una cartolina, a vederlo così, con il sole morente che lo irradiava dei suoi ultimi raggi.
– Cristo santo! – sospirò.
Si guardò allo specchio, sul viso ancora l’espressione spaurita di chi l’aveva appena scampata bella. Gli venne da ridere.
Era ansioso di risentire Micaela, adesso, di sapere se la piccola Matilde stava bene.
Recuperò il telefono dal comodino e si sedette sul letto.
Stava per chiamare quando il cellulare squillò.
Numero sconosciuto.
– Pronto, signor Tommaso?
Una vocina femminile. Quasi un sussurro.
– Chi… chi è?
– Buonasera, signor Tommaso. La contatto dalla Compagnia Nazionale della Nuova Energia per proporle la nostra strepitosa offerta che le farà risparmiare dal dieci al venti per cento sulla bolletta… signor Tommaso, è sempre in ascolto?
Pausa.
– Credevi davvero di esserti liberato di me, lurido pervertito?

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