Simeo e Lucia

Tempo di lettura: 6 Minuti

Era il 1958 quando Lucia Meo e Simeo Perrone si unirono in matrimonio nella chiesa di San Nicola in San Pietro Infine, alla presenza del celebrante Don Giustino Masia Arciprete del paese, e dei testimoni Clementina Amato (cugina della sposa) e Pasquale Meo (fratello della sposa).

Una funzione semplice, sobria, alla quale assistettero i genitori di entrambi, i fratelli e le sorelle con le rispettive famiglie, i cugini di primo grado; in tutto una quarantina di persone. Dopo la cerimonia religiosa, tutti andarono a casa della sposa, dove li attendeva il pranzo nuziale fatto di piatti tipici, accompagnati da un buon bicchiere di vino offerto dal padre della sposa Antonio Meo, che ogni anno ricavava dalla sua vigna.

Giunsero al traguardo dopo sei mesi di fidanzamento, mesi in cui i fidanzati si vedevano solo la domenica e alla presenza dei genitori della sposa. Erano tempi in cui si teneva a certi valori e a certe regole che andavano rispettate.

Lucia era una ragazza semplice, umile, seria, che lavorava in campagna come bracciante agricola, spesso a giornate con i proprietari terrieri, insieme alla mamma Domenica Vecchiarino che le è stata di esempio. Si prodigava a fare la contadina, anche se aveva conseguito la quinta elementare e quindi, per l’epoca una persona che sapeva il fatto suo.
Simeo era un uomo di 33 anni, deciso e gran lavoratore. Si trovava a San Pietro perché lavorava come operaio presso una fabbrica appartenente alla famiglia Conte ma era originario di Bellona, paese del casertano. La loro avventura iniziò I’11 giugno del 1958, giorno del loro matrimonio.

Trovarono quindi una casa in affitto in via Fornillo e lì il 29 marzo del 1959 nacque il primogenito Pasquale. Era il giorno di Pasqua e le campane stavano suonando a festa, quando alle 11 del mattino si affacciò alla vita. Un parto difficile fu quello, e Lucia fu aiutata dalla mamma Domenica, dalla zia, Dolorosa (sorella della madre) e dalla levatrice Dolores Corbions, una signora preparata, sempre pronta per qualsiasi evento improvviso nel paese. Sudò intensamente per far nascere Pasquale, il quale aveva il cordone ombelicale attorcigliato al collo e quindi non poteva nascere.

Dopo vari tentativi, il piccolo uscì ma era cianotico e ci volle un bel po’ per farlo riprendere. Dopo la sua nascita, il datore di lavoro di Simeo, invece di aumentargli la paga, avendo una persona in più in famiglia, gliela diminuì e i soldi non bastavano più per provvedere alle spese giornaliere. Allora i due coniugi, decisero che per andare avanti, il rimedio era quello di emigrare.

Così, Simeo decise di andare a lavorare in Germania, lasciando in paese la moglie e il piccolo, sotto la protezione dei genitori di lei. Simeo tornava tutti gli anni a Natale e rimaneva un mese circa con la sua famiglia. Il 17 ottobre del 1961 nacque una bambina: Antonietta. A differenza del primo, il secondo parto si presentò piuttosto normale e la bambina pesò tre chili e mezzo, abbastanza soddisfatta, di colorito roseo e dai capelli neri. Pasquale, essendo stato il primo, era stato viziato da tutti e quindi la povera mamma era costretta a non contraddirlo, altrimenti cominciava a piangere e a diventare cianotico.

Antonietta era tranquilla, mangiava e dormiva, non dava alcun fastidio, anche perché non era stata viziata come il primo e non era stata abituata a stare in braccio. Dopo qualche tempo, traslocarono perché la casa era piccola e si trasferirono in via Chiesa, sempre in affitto. Dopo circa due anni, Lucia, ebbe il coraggio di andare a scassinare un basso dell’Istituto Iacp per sistemarsi con la famiglia. Così l’affitto era minimo e le spese ridotte, in quanto era una specie di monolocale situato in viale degli Eroi, quasi vicino alla casa dei genitori, distava di due isolati. Dopo un anno, scambiò quel basso con un altro che si trovava a fianco ai suoi genitori e lì vi rimase con i piccoli diversi anni. Il vano consisteva in una cucina con camino, fornello a gas, tavolo con sedie e mobile. Una tenda a fiori divideva la zona giorno dalla zona notte, che consisteva in un letto matrimoniale, un lettino, un comò, un armadio a un’anta e una cristalliera.

Era tutto situato in una stanza di cinque metri per cinque. Il bagno non c’era e quando si aveva il bisogno si andava al bagno dei genitori, a fianco. Una vita difficile, fatta di sacrifici, senza sprechi, senza sfarzi, risparmiando al massimo per poter un giorno costruirsi una casa tutta per loro. Così fu, nel 1972 Lucia e Simeo decisero di costruire una casetta a piano rialzato presso un terreno sito in via Fornillo, già acquistato con i risparmi dell’estero e così, in sei mesi, la ditta di Colella Nicandro consegnò le chiavi a Lucia.
Era il mese di settembre e Simeo stava in Germania, quando venne a dicembre trovò la casa finita ma mancavano tutti i mobili per poterci andare ad abitare. Passarono 18 mesi affinché racimolassero i soldi per comprarli. Nel 1974 finalmente la famiglia si trasferì nella nuova casa. Un traguardo raggiunto dopo tante privazioni da parte di tutti. Per la prima volta videro la televisione in bianco e nero, e ognuno aveva la sua cameretta. Il sogno si era realizzato, ma mancava la presenza dell’uomo di casa che purtroppo non poteva tornare per motivi di lavoro.

Lucia crebbe i suoi figli da sola, li fece studiare, prima al Liceo e poi all’Università, conseguirono una laurea, trovarono un lavoro fisso presso enti statali. Pasquale vinse un concorso da macchinista presso le Ferrovie dello Stato e fu chiamato a Milano. Antonietta dopo vari concorsi, vinse dapprima quello a cattedra presso le scuole secondarie di secondo grado e poi quello presso le scuole medie. Accettò di insegnare nelle scuole secondarie di secondo grado e la sua prima sede fu Sora in provincia di Frosinone.
Dopo 29 anni fatto da emigrante, Simeo tornò definitivamente in Italia. I figli erano già grandi e Antonietta era fidanzata e in procinto di sposarsi con un ragazzo di San Vittore del Lazio, un paese limitrofo al suo. Così nel 1988, l’11 giugno, (giorno del matrimonio dei genitori), a 27 anni (come sua mamma e sua nonna) si sposò e nel 1992 nacque Alessio il suo primo ed unico figlio. Era l’11 maggio quando venne alla luce, dopo un sofferto travaglio durato dodici ore, nacque presso l’ospedale di Isernia alle ore 23,30 ed era di lunedì.

Un bimbo dagli occhi celesti e dai capelli biondissimi, dal colorito roseo, lungo 58 cm. dal peso di Kg. 2850. Una nuova vita che portò una ventata di felicità a tutta la famiglia. Nel 2003 Simeo è venuto a mancare dopo una lunga malattia che lo ha portato alla fine della sua esistenza terrena. Dopo tanti sacrifici, tante sofferenze, tanti sforzi fisici, la sua forza di spirito ha ceduto alla fragilità della condizione umana, ed ora veglia dall’alto sulla sua famiglia e in particolare su sua moglie Lucia che soffre da anni di patologie croniche.

Ma la sua vita non ha avuto tutto quello che sperava, i sacrifici comuni non sono stati sufficienti affinché potessero colmare quel vuoto durato 30 anni e che si aspettava di colmare facendo una buona vecchiaia insieme alla persona amata. -Simeo dapprima trovò lavoro in una fabbrica di mattoni, successivamente passò in una ditta di riparazioni presso la BMW ed infine trovò posto in un cantiere edile, dove faceva l’operaio e dopo tanti anni il capo operaio. Quando stava costruendo casa in Italia, Simeo faceva due lavori, di giorno lavorava in cantiere e di sera faceva il cameriere presso un ristorante, per guadagnare qualcosa in più. Nel periodo trascorso a S. Pietro lavorava la strame, una forma di artigianato locale che lo vedeva impegnato a realizzare tappeti, spaghi, stuoie, scope e tanti altri oggetti apprezzati nei paesi limitrofi.

Rispondi