“Maschi vs femmine vs maschi”, dialogo aperto per una parità di genere

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di Paola Caramadre
Sogniamo mondi inclusivi,disegniamo, nel nostro piccolo, società intessute di coesione e cooperazione e desideriamo stagioni di diritti e di parità di genere, in genere. Immaginiamo un futuro, più che prossimo, dove parlare di questione femminile sia inutile e superato. In attesa che questo avvenga, in occasione dell’8 marzo 2016, abbiamo voluto dare il nostro piccolissimo contributo affinché si gettino le basi delle idee in cui ci riconosciamo e in cui crediamo. Per questo sosteniamo un progetto valido come “Maschi vs femmine vs maschi – I meccanismi del femminicidio: operatori in campo fra azione e divulgazione” promosso dall’associazione “A. Legaccio” con la partecipazione di tantissime associazioni del terzo settore e con il patrocinio di molte istituzioni del territorio e associazioni di categoria. La giornata di studi si terrà questa mattina presso l’Università degli studi di Cassino e del Lazio meridionale. Per capire meglio quali sono gli obiettivi e le finalità di un evento realizzato proprio in occasione dell’8 marzo abbiamo incontrato la presidentessa dell’associazione promotrice Daniela Arpino.

Che cosa rappresenta l’8 marzo per l’associazione A. Legaccio?

La giornata internazionale delle donne viene vissuta come una commemorazione in memoria di fatti tragici avvenuti nella storia, noi l’abbiamo interpretata come una giornata per omaggiare la donna e per fare qualcosa per le donne e per non svilire questa ricorrenza che, normalmente, viene vissuta in modo un po’ frivolo, un po’ leggero, invece abbiamo voluto arricchirla di contenuti. Il divertimento va bene, ma non si può ridurre tutto a questo, vogliamo combattere gli ideali di falsa libertà e dare un senso vero. Crediamo che le donne siano centrali nella società e che le donne stesse dovrebbero essere più consapevoli di quello che sono e di quello che fanno. Serve una consapevolezza completa di quello che si è e di quello che si può fare. Consapevolezza nelle proprie capacità e delle proprie risorse.

I meccanismi del femminicidio: perché parlarne e come parlarne.

Questi convegni, siamo al terzo organizzato da noi, hanno visto avvicendarsi moltissimi relatori, ognuno con una propria personalità e proprie competenze. Tutti hanno avuto la capacità di esporre le proprie istanze in tempi brevissimi, perché ognuno deve poter dire in modo breve, succinto ed essenziale quello che c’è da dire, perché le troppe parole non servono e perché questi interventi devono lasciare il segno, come dei fulmini. Finora siamo riusciti a fare in modo che il pubblico resti fino alla fine e sia coinvolto direttamente. Pensiamo che di questi argomenti bisogna parlarne e non sproloquiarne, il convegno ha uno scopo formativo, ma soprattutto ha un’impronta divulgativa aperto agli studenti, a ragazzi giovani, con un linguaggio vero che arrivi a tutti.

Il convegno è il frutto di tante collaborazioni diverse. Cosa unisce tutti?

La nostra associazione li unisce. Siamo stati noi a fare uno sforzo enorme nel mettere insieme tutte queste persone, non è facile sotto il punto di vista burocratico, i tempi organizzativi sono lunghi, ma tutti hanno partecipato con entusiasmo. Abbiamo creato una rete silenziosa, in cui ci ritroviamo perché abbiamo voglia di fare qualcosa, magari può sembrare che siano solo parole, ma dalle parole nascono le idee. Credo fermamente che le persone che hanno grandi potenzialità umane, prima di ogni altra cosa, debbano essere messe insieme. Il nostro compito è far incrociare persone speciali, siamo convinti che dagli incontri nascano fuochi d’artificio, il nostro intento è mettere insieme le persone e fare in modo che si conoscano, noi possiamo metterci da parte, non ha importanza, il nostro ideale è questo fare qualcosa di buono. Ed è questo che ci unisce tutti: un ideale che ci spinge a fare per cambiare questa condizione di disparità e di prevaricazione.

Quali sono gli obiettivi del convegno?

L’idea di dare un inizio, di mettere insieme persone che possano intersecarsi e farsi testimoni e portavoce della cultura del rispetto e della non violenza, far capire che il femminicidio non è l’uccisione della donna che è l’atto finale. L’uccisione della donna si perpreta giorno per giorno, con le azioni quotidiane, per cui il femminicidio è anche maltrattare la donna, è stare seduti a tavola ad aspettare che la propria moglie o la propria madre si alzino a prendere la bottiglia dell’acqua pensando che sia un atto dovuto, questo è l’esempio più banale, ma il più diffuso perché nella nostra cultura c’è l’idea di una donna servile, una donna che cura a prescindere da ogni cosa. Il nostro obiettivo è divulgare una mentalità diversa basata sul rispetto. Questo non significa essere femminista, siamo donne e la femminilità è sacra, ma deve esserci rispetto e in questo c’è la nostra missione, fin dal simbolo che abbiamo scelto. C’è la persona al centro, al di là del genere, è l’essere umano che deve essere ritrovato e riportato al centro.

Cosa possono e devono fare le donne per le donne?

Le donne devono iniziare a fare qualcosa per se stesse. Se non conosci i tuoi bisogni non puoi fare niente per gli altri. La donna vittima di abusi è intorpidita da un certo tipo di situazione e non capisce che deve aiutarsi per prima da sola. La donna deve compiere questa azione di divulgazione, deve essere portatrice di una sana educazione, noi donne facciamo diventare adulti uomini che diventeranno maltrattanti. Diffondere, far capire cosa succede e perché succede, far capire qual è l’atteggiamento abusante. Spesso nemmeno si capisce, quanto forte sia l’ascendente nell’educazione dei figli. I cambiamenti non arrivano mai dall’alto, arrivano dall’agire quotidiano. Le donne possono fare una sorta di rete di comunione di intenti, devono parlarsi. Bisogna imparare a trovare tempo per se stesse e non perdere mai la voglia di comunicare e sostenersi reciprocamente.

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